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Un anno si chiude e un quinquennio si apre

Nella conferenza stampa di fine anno Il sindaco uscente e candidato alla propria successione ha elogiato la propria gestione ed elencato grandi successi. È questa, al contrario, una amministrazione che ha acuito i problemi di fondo e ne ha creati di nuovi. Di certo il 2019 passerà agli annali di Venezia come la data della seconda acqua alta più alta di sempre, coi suoi 187 centimetri, seguita da una serie di picchi di marea mai visti prima. Ma non solo. Nell’estate del 2019 due gigantesche navi da crociera in transito in bacino hanno causato o sfiorato incidenti che potevano essere catastrofici. E, ancora, il comitato Unesco riunito in luglio a Baku ha negato che quello di Venezia potesse venir considerato come un sito a rischio. Frutto avvelenato della diplomazia politica applicata alla cultura. Ambiente e turismo. Due criticità tra loro strettamente connesse che hanno riproposto agli occhi del mondo la fragilità di Venezia. Una città che per prima sperimenta gli effetti del cambio climatico per la crescita del mare mentre è soffocata dalla marea turistica che la sommerge tutti i giorni, in preda a forme di monocultura economica che ne cancellano progressivamente la identità culturale e sociale senz’altra idea che quella di servire il mercato. Ma quando è il mare che inonda la città la marea turistica si ritira, lasciando il vuoto. La monocultura turistica ha un difetto, grave. Non è resiliente. I turisti vanno altrove. E l’economia del turismo crolla. Nei fatti è una precisa idea di città che l’amministrazione uscente ha perseguito per cinque anni. La chiave è semplice: esaltare il rapporto tra turismo e rendita immobiliare attraendo investimenti alberghieri a Venezia e Mestre da un lato, e campo aperto alla conversione turistica di tanta parte del patrimonio abitativo di Mestre e Venezia. Esito finale: il numero di letti a disposizione del turismo è di gran lunga maggiore degli abitanti della intera città storica. Ma non basta. Il suggello alla idea di città spettacolo ce lo mette direttamente il sindaco uscente puntando ad un quartiere turistico ad alta densità sulle barene inquinate dei Pili di sua proprietà. Un luogo dove riprodurre simmetricamente la congestione della mobilità dell’altro terminal: Piazzale Roma. Mentre la monocultura turistica si appropria della città, gli abitanti ne vengono espulsi per mancanza di alloggi, e con gli abitanti se ne va anche il tradizionale commercio urbano, a Venezia come a Mestre, preso nella morsa tra paccottiglia turistica diffusa in esercizi di dubbia origine, e grandi catene commerciali che cingono d’assedio la terraferma e si insinuano anche in laguna. Il risultato è una crisi di vivibilità della intera città, di laguna e di terra. Qualcosa che i cittadini subiscono in prima persona con una contrazione delle occasioni di socialità attiva, quelle che richiedono spazi e servizi adeguati e dedicati. Mai come in questi anni, infatti, le cronache hanno registrato i tristi primati di morti per droga, episodi di criminalità diffusa, baby gang che seminano paura, un complessivo straniamento dei rapporti sociali e una crescita del malessere urbano. Riuscirà il tripudio di nastri tagliati e palloncini colorati ad annebbiare le menti e a coprire tutto questo? Lo si potrà vedere tra qualche mese, quando i cittadini avranno in mano la scheda elettorale.

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