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Piano per la tutela del diritto all'abitare a Venezia "Rete Solidale per la Casa"

  • smav08
  • 2 giorni fa
  • Tempo di lettura: 6 min
Depositato in Comune come Proposta di Delibera il Piano Casa creato dal tavolo di esperti della "Rete Solidale per la Casa"
Banner grafico "12 pillole del programma"

Il diritto alla Casa è riconosciuto da documenti internazionali ed europei (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Carta Sociale Europea, Carta dei diritti fondamentali dell’Ue), ratificati dal nostro Paese e anche dalla Costituzione, dove è tutelato da disposizioni che riguardano i diritti fondamentali della persona. L’Italia purtroppo non rispetta questi impegni, perché questo diritto resta sempre subalterno alle risorse economiche ad esso destinate, sul quale incide gravemente l’assenza di Livelli Essenziali delle Prestazioni uniformi sul territorio nazionale, creando un’”autonomia differenziata” ante litteram

Obiettivo di questo Piano Casa per Venezia è il rispetto per il diritto di ogni cittadino ad avere un’abitazione, a prescindere dalla sua situazione socioeconomica, cosicchè si configuri come prioritario e non come sottoposto a logiche economiche o, peggio, di profitto. 

Tale diritto si deve inscrivere in un ridisegnamento della città, in una “cura” profonda che comprenda anche il diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione, dando priorità ai servizi pubblici essenziali e al loro funzionamento ottimale, fondamentali per la residenzialità. A Venezia tutto questo è indispensabile, e sono necessarie misure radicali, dal ridimensionamento del turismo ad una diversificazione economica che guardi a tutti i settori, da una riqualificazione a livello urbanistico a un’attenzione per i soggetti fragili. Misure che invertano realmente la rotta e restituiscano Venezia in primo luogo ai suoi cittadini, condizione imprescindibile perché resti patrimonio dell’umanità. 


Regolamento fitti brevi 

Il mercato delle locazioni a lungo termine è stato letteralmente annientato dalla speculazione sulle affittanze turistiche, tanto che all’oggi per un residente è letteralmente impossibile trovare una casa nella città storica, fenomeno che sta velocemente dilagando anche nelle zone comunali della terraferma. Per questo abbiamo già contribuito alla creazione, insieme al gruppo consiliare “Tutta la città insieme”, un Regolamento per i fitti brevi, che è stato già depositato in Comune e di cui riportiamo di seguito il link. (2024-11-18_Regolamento-Affitti-TLCI.pdf) 


Altre misure per limitare i fitti brevi 

Da un’ultima riflessione approfondita, si possono introdurre ulteriori misure nel Regolamento. Segnatamente, per presentare la SCIA, oltre ai documenti già richiesti, bisognerà presentare anche l’ultimo verbale dell’assemblea condominiale, che certifichi la decisione unanime di permettere la locazione turistica. E chi svolge attività di affittanza turistica all’interno di un condominio dovrà pagare una maggiorazione nel computo delle spese condominiali (p. es. la manutenzione degli spazi comuni e degli ascensori, le bollette elettriche). Si potranno, inoltre, introdurre alcune modifiche nel Regolamento Edilizio comunale, come il fatto che le case affittate ai turisti dovranno essere conformi ai cosiddetti “atti legittimanti”, che sono corrispondenti a quelli richiesti nelle compravendite, e in difetto di questi sarà inibita l’attività (per fare un esempio, non si potranno affittare alloggi con abusi edilizi non sanati). 


Disincentivare la possibilità di compravendita da parte di non residenti 

Il rischio, una volta contenute le attività di affittanza breve, è un’emorragia di alloggi acquistati da non residenti, che creerebbe una situazione di non ritorno. Per questo bisognerà stabilirvi un limite con relazione alla domanda abitativa, afferente a una potenziale richiesta di una città con un’economia già diversificata (p. es.: industrie sostenibili a Marghera, personale dei servizi pubblici essenziali, ecc…), a procedure non lesive del diritto di proprietà. Ricerche demografiche dovranno quindi valutarne il numero e quindi la percentuale oltre la quale non si potrà più effettuare compravendite da parte di non residenti. 

Utilizzare leve fiscali per ridurre gli acquisti. 

Per incoraggiare i residenti a mantenere il proprio alloggio di proprietà, e quindi a restare in città, si possono proporre incentivi per la ristrutturazione della prima casa per proprietari a basso reddito, così da poter incoraggiare la residenzialità e ridurre il rischio di alienazioni. 


Altre misure per incentivare le affittanze a residenti nel mercato libero 

Una volta annientata la speculazione sulle affittanze turistiche, e avendo permesso solo l’attività a chi affitta un alloggio ai fini di integrazione del reddito, e scongiurato il rischio di un’emorragia di alloggi come seconde case, potremo disporre di alloggi da destinare ai residenti. Non è però automatico che tali alloggi resi liberi vengano utilizzati a tal fine, perciò sono necessarie misure integrative che mirino a: 

Modulare l’IMU, azzerandola per l’utilizzo dell’alloggio come residenza a lungo e medio termine (per favorire anche la permanenza di lavoratori in città e di studenti) e aumentandola per altri usi (fitti brevi, seconde case). 

Garanzie per i proprietari e per gli affittuari da parte del Comune, che mirino ad assegnare le case in emergenza abitativa allorchè, al termine del contratto, questi ultimi non abbiano reperito alternative abitative, ai sensi della L.R. 39/2017. 

Che il Comune si faccia proponente di una legge nazionale che moduli l’aliquota della cedolare secca in relazione all’utilizzo dell’immobile, ben al di sotto del 10% stabilito per il canone concordato per l’affitto a residenti (fino allo 0%). 

Modifica dei limiti minimo e massimo del canone concordato, abbassandoli rivedendo gli accordi territoriali in merito. Non si può essere penalizzati per il fatto di risiedere a Venezia piuttosto che in un’altra città. Questo sarà permesso anche dall’eliminazione delle sacche di speculazione, effettuata tramite rigorosi controlli e sanzioni sul sommerso (affitti in nero). Il Comune potrà destinare fondi per i proprietari per colmare parzialmente il disavanzo dei canoni di locazione. 


Gestione delle case pubbliche 

Una volta eliminata l’attività speculativa sui fitti brevi e ridotto i canoni di locazione degli alloggi nel mercato libero per il ceto medio, quest’ultimo potrà agevolmente accedervi e il Social Housing 

perderà di utilità. Quindi, lo stock di alloggi pubblici potrà essere primariamente locato come ERP, e destinato quindi alle fasce socioeconomiche più fragili della popolazione. Non bisogna dimenticare che l a destinazione ERP delle case pubbliche tutela anche le persone anziane o con problematiche di salute che riguardano la mobilità, che potranno così usufruire dei vantaggi come la possibilità di cambio casa. 

Sono necessarie innanzitutto indagini demografiche che ci informino della quantità di cittadini in stato di povertà, per poter far programmi a breve e medio termine sulle necessità abitative degli stessi. Indispensabile saranno anche un censimento preciso degli alloggi e la conseguente ripresa di uscita del Bollettino annuale sulle case pubbliche, per attivare una situazione di trasparenza e di comunicazione in merito fra l’amministrazione e la popolazione. 

Sarà necessario, poi, bloccare le alienazioni e gli abbattimenti, tranne, solo per questi ultimi, i casi di estrema necessità per estremo degrado materiale. Per ogni abbattimento sarà programmata a breve termine una parallela ricostruzione con fondi pubblici per la medesima superficie abitativa. 

Utilizzare fondi pubblici pure per la manutenzione degli alloggi popolari (per es. gli avanzi di bilancio ACTV o prestiti bancari), in modo da non depauperare ulteriormente il patrimonio ERP, impedendo il passaggio allo stato non-ERP, che consegue alle edificazioni o alle ristrutturazioni mediante parternariato pubblico/privato. Programmare tutte le ristrutturazioni e le manutenzioni in un piano a medio termine, dando priorità alle seconde. 

Assegnare tutte le case disponibili, col fine di azzerare la sfittanza, mediante bandi frequenti. 

Modifica dei limiti di partecipazione ai bandi per l’assegnazione delle case pubbliche, diversificando i limiti ISEE per ERP e SH, in modo che non siano più sovrapponibili e in modo da incoraggiare la popolazione a basso reddito a partecipare ai bandi ERP, che comprendono maggiori tutele, per la modulazione del canone in base alla situazione economica e per il rispetto dei diritti delle persone portatrici di disabilità. 

Ripresa dei bandi per la mobilità, da effettuare annualmente. 

Ripresa delle assegnazioni temporanee in emergenza abitativa, ai sensi della Legge Regionale in materia (vd. sopra). 


Progetti per persone senza fissa dimora e senzatetto 

Potenziamento del progetto Housing First, a cui il Comune di Venezia ha aderito. Come ben noto, la situazione in tutto il Comune è alquanto inadeguata rispetto al tema. E’ necessario strutturare un rapporto di sinergia e collaborazione di enti pubblici e privati (Comune, banche, associazioni e cooperative sociali del territorio), realizzando il progetto di creare piccole e medie unità abitative togliendo così al degrado palazzi dismessi, permettendo un nuovo modello di welfare dell’abitare: spazi utilizzati non solo per viverci, ma anche per creare percorsi di integrazione sociale e lavorativa 

(un esempio italiano è il palazzo torinese di proprietà del Comune, ristrutturato completamente da Intesa San Paolo e con le risorse PON METRO PLUS). 

Creazione di dormitori in zone diverse del territorio comunale, che riescano a coprire il fabbisogno delle persone senzatetto. 

Ripristinare una pratica già sperimentata in alcuni comuni dell’hinterland milanese (Pieve Emanuele, Opera, ecc…), quella dell’autocostruzione, dove i Comuni detengono la proprietà del suolo e le persone, in maniera distinta o aggregata, acquisicono la proprietà dell’appartamento autocostruito. 


Riqualificazione di aree dismesse per l’abitare 

Alcune aree dismesse che si prestano al progetto, dovrebbero essere riqualificate per il co-housing e il co-working, studiando sistemi già attuati anche in Italia, che tramite la divisione delle proprietà del sedime e dell’immobile abbassi i costi di compravendita e azzeri il rischio di speculazioni. 



Giovanni Andrea Martini

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