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Recite conflittuali.

Due attori diversi che si rivolgono a due diversi pubblici per coglierne il plauso offrendo loro un'interpretazione gradita. Di cosa? Dei loro rispettivi ruoli e, forse, anche delle responsabilità.


Nella consueta pomeridiana, concepita per tenere vivo il ruolo anche se non c’è nulla da dire, va in scena una disputa Brugnaro-Zaia. Su cosa? Sulla contabilità dei decessi, macabro argomento, ma efficace per fare audience. Su cui sarebbe civile procedere con cautela e rispetto, dei morti e dei vivi.


Ma la gente dopo quasi due mesi vuole rimuovere, sente che un cambio di passo sta per arrivare, e allora cavalchiamo l’ansia di ripresa al punto di dire: ma ci hanno forse presi in giro con tutti quei morti? È chiaro che parla ai vivi, magari non a tutti, perché la minoranza dei parenti dei defunti potrebbe sentirsi oltraggiata. Ma è una piccola minoranza.


E poi, mentre Zaia parla alle imprese che mordono il freno per ripartire, Brugnaro al settore turistico non può porsi con gli stessi argomenti. Le imprese sono locali ma gli utenti sono sparsi nel mondo e non si ripresenteranno il giorno dopo col trolley. Qui sta la grande differenza tra impresa industriale e impresa turistica. Mercato stabile contro mercato volatile.


A Brugnaro serve quindi un narrazione, e cosa di meglio per il suo uditorio che sentirsi dire: ci hanno preso in giro, altrimenti saremmo come prima. Una bufala, ma di questi tempi può andare. Misera consolazione, ma stiamo andando alle elezioni, il consenso è come l’ossigeno. Ma i due attori sono diversi.


Zaia è un professionista affermato con uno staff e un repertorio entrambi collaudati. Brugnaro è una new entry della politica, con le sue società conosce a menadito la scena veneziana in cui si muove dando voce al variegato mondo del turismo col liberismo spinto all’eccesso. Una possibilità per tutti nell’assalto a Venezia, minoranza elettorale.


Rispetto a Zaia, Brugnaro è più arrogante, sbraita insulta e minaccia, esprime voglia di conquistare tutto, ma il terreno scelto gli frana sotto i piedi, e allora bene anche il populismo rozzo alla Salvini, di cui ha vitale bisogno per mantenersi in sella.

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