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Quale porto per Venezia?

Una premessa: come il declino del porto industriale ha avviato una conversione turistica dell' economia urbana, così un declino del porto commerciale consegnerebbe in modo definitivo la città al turismo in forme finora sconosciute.


Il declino industriale ha focalizzato i destini del porto sul comparto commerciale, ed è questo il tema da impugnare con forza perché Venezia non può esistere senza economia marittima.


Per stare sul mercato dei flussi internazionali di merci bisogna capire in quale filiera (logistic chain) si intende operare dal momento che i porti sono ormai anelli delle grandi catene del valore che muovono la economia mondiale.


Oggi Venezia ha il ruolo e la dimensione di un porto regionale del Nordest, un ruolo che in parte condivide con Trieste e Ravenna, ognuno con la sua specificità ma tutti ben al di sotto del milione di tonn/anno.

Il tema di ogni porto è fidelizzare determinati flussi, in altre parole garantire un buon servizio alle merci in transito, che significa: tempi, costi, affidabilità della funzione portuale rispetto al mercato di riferimento.

Ma questo implica una strategia chiara cui contribuiscono sia la Autorità Portuale che i terminalisti che il sistema dei servizi resi alle merci.


In un mercato che cambia bisogna adeguarsi e per adeguarsi servono scenari di riferimento, quelli che solitamente si affidano alla redazione di un nuovo PRG portuale, che a Venezia risale al 1965, e da allora si procede con varianti come se uno strumento di due cicli economici fa fosse lo strumento del futuro. Una strategia adattiva che opera di conserva al servizio dello status quo.


Occorre fare una valutazione degli scenari portuali sud europei in cui collocare il ruolo di Venezia.

Sono almeno quattro gli scenari:

• il principale riguarda quote della rotta intercontinentale Suez Gibilterra cui VE si connette col transhipment;

• il secondo riguarda la nuova rotta artica che confermerebbe il ruolo dominante dei porti del Nord Europa;

• il terzo il treno Cina Europa che già opera con un terminale in Lombardia e altri in Europa;

• un quarto che si potrebbe definire Intra Med, cioè dedicato solo ai traffici mediterranei.

In realtà la risultante dentro un quadro di evidente incertezza potrebbe essere una combinazione tra questi di cui l'ultimo è il più rappresentativo.

Il punto è decidere di addentrarsi nella materia con i giusti interlocutori pubblici e privati.


Ma Venezia ha anche un problema in più: la compatibilità tra ecosistema naturale lagunare ed ecosistema economico portuale, fonte di evidenti conflitti.

Rientra nel tema la questione della accessibilità nautica che si misura con tre argomenti: il vincolo del Mose a quota - 11,30; gli effetti dell'innalzamento del mare, una certezza con un massimo e un minimo e la conseguente chiusura del Mose; la profondità attuale del Canale dei Petroli.


Dunque uno scenario è urgente per poter decidere: diciamo un nuovo PRG prima del 2025 con uno scenario al 2050.


Di certo approdi extra lagunari saranno necessari per mantenere la funzione commerciale, ma anche per quella passeggeri se si vorranno ancora convogliare i flussi del turismo crocieristico di massa su Venezia secondo procedure decisionali già oggi legittimamente poste in essere con proposte progettuali.


E un’ultima questione: chi decide del porto di Venezia coi relativi investimenti: Venezia o Roma?

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