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Inquinamento e moto ondoso figli del turismo.

Non c’è ragione di pensare che l’insopportabilità del traffico acqueo, che da anni produce inquinamento e moto ondoso in misura inaccettabile per gli abitanti e per la stessa integrità fisica delle rive urbane, sia qualcosa di diverso dal sovraccarico turistico che ogni giorno si scarica sulla città insulare. Inquinamento e moto ondoso crescono in proporzione alle presenze turistiche. Si può anzi affermare che è proprio la crescita del turismo pendolare e dei soggiorni brevi responsabile dell’aumento esponenziale del traffico acqueo. Il programma di visitare la città in poche ore e al minor costo incide infatti in modo diretto sul numero di imbarcazioni che penetrano o attraversano la città, sia per la fugace veduta del paesaggio urbano che per il rifornimento degli elementari consumi di prodotti industriali confezionati di cui questo turismo si nutre. Rilasciando montagne di rifiuti, che Veritas provvede a smaltire, sempre con barche. È un ciclo che va afferrato alla sua radice col principio essenziale della prenotazione della visita, che prevede costi crescenti dei servizi in base al numero previsto di arrivi, ma che va affrontato direttamente anche dal lato del controllo dei natanti. Questi devono essere ricondotti a compatibilità con una mobilità storica nata per remo e vela che oggi impatta sull’aria e nei canali urbani con un’energia illimitata e devastante. Un programma di motori elettrici e carene “mangia onde” va messo in campo come nuova politica di lungo periodo, a cominciare dai mezzi pubblici cui è affidato il compito fondamentale della mobilità delle persone con paralleli incentivi per il trasporto merci. Per quei vettori che più interpretano la crescente domanda del turismo mordi e fuggi in termini di massimizzazione del profitto e bassa osservanza delle regole, che pure esistono ma non vengono osservate, il premio al rinnovo tecnologico va commisurato in termini di accessibilità al cuore monumentale della città. Questa non può essere, come oggi, il luogo dove tutto è ammesso, assai più che in una normale città di terra, dove un corpo di regole di rispetto urbano esiste ed è in continua evoluzione. Ma un presupposto deve essere chiaro. Venezia non è il luogo dove scatenare gli istinti predatori di chi intravede facili guadagni in regime di alta tolleranza come attualmente accade. Così come Mestre non può essere il luogo di accumulo di una domanda turistica di escursionismo interno destinata a scardinare qualunque concetto di programmazione a fronte di una mirabolante promessa di controllo dei flussi nele mani di chi i flussi pensa solo ad aumentarli. Parliamo di una città che chiede di essere amministrata e non fagocitata dal turismo.

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