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Dai libri ai sandwich.

I libri del Correr resteranno a Venezia. Una notizia sul filo della ovvietà si direbbe se non fosse che così ovvia non è nella mente della amministrazione che pensava di trasferire in via Poerio, angolo piazza Ferretto, dei materiali storici che mai avevano abbandonato la sede veneziana nel corso della loro lunga vita. Una delle ragioni? Riempire uno spazio vuoto a Mestre. In una Mestre che di vuoti ne ha ormai parecchi e che invoca da tempo un pensiero serio e non un accomodamento provvisorio– per poi essere definitivo? È così che dai libri si è passati alla pancia: al “food and drink” che a Venezia va alla grande devono aver pensato, bar e ristorante al posto dei libri, quasi la stessa cosa si direbbe. Ma se dalla trovata occasionale passiamo ad un discorso serio un tema emerge chiaro. Se è il centro di Mestre a rivelare una crisi che un tempo non c’era, una ragione ci deve essere. Manca un legante che dia identità e ruolo a dei luoghi che conservano la identità storica del piccolo nucleo urbano iniziale ma ospitano anche alcuni luoghi della modernità. E’questo il materiale utile. Non per singole parti ma come un insieme in attesa di un nuovo senso. Attorno a piazza Ferretto ci sono il Candiani, il Toniolo, il nuovo M9, lo stesso Coin – come concezione il più moderno magazzino d’Italia al tempo che fu – oltre a cinema e altro. Per non dire dell’ex Umberto primo. Questi luoghi attendono un progetto, non edilizio ma culturale, che li leghi ognuno con la sua specificità ma dentro una visione complementare e unitaria. Lo sfondo è una modernità al centro di una città moderna che va dilatandosi oltre i suoi confini amministrativi ma non possiede un vero centro e per questo vive in modo centrifugo. Con qualcuno che ama celebrare le identità multiple, che pur esistono ma non fanno città, semmai un arcipelago urbano con caratteri metropolitani alla ricerca di un centro identitario. Se c’è un tema che dovrebbe appassionare la terraferma veneziana è proprio questo. Un luogo attraente che catalizzi la sensibilità e proponga una identità nuova e rappresentativa di tante forze ed esperienze disperse in assenza di progetto. Che in realtà è un processo da innescare unendo materiali diversi: spazi, persone, idee e desideri. Ma ad una cosa si faccia attenzione, non si pensi che sarà il “mercato” a fornire la soluzione come qualcuno magari potrebbe pensare. Il mercato ha già fatto la sua parte coi centri commerciali esterni che hanno svuotato i negozi centrali. Alla politica spetta fornire una trama dentro la quale il mercato possa fornire alcuni strumenti. Ma solo in quest’ordine. Non in quello inverso come oggi si vorrebbe.

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