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Coronavirus e scuola: pensare globalmente per agire localmente.

Il virus sta mettendo il Paese di fronte a problemi enormi che non si può più far finta di non vedere, o minimizzare.

Interi settori mostrano tutta la loro fragilità.

Tra questi, la scuola è tra i più in evidenza.

Cosa sta succedendo ce lo comunicano ragazzi, genitori, docenti che lo vivono direttamente, ne testano ogni giorno le contraddizioni, le difficoltà, le criticità.

Il mondo della scuola si scopre, in tutti gli ordini e gradi, impreparato di fronte all'emergenza.

Cade il velo, ed ecco in bella mostra i danni causati dai tagli alla spesa per l'istruzione, perpetrati da più governi in successione. Ecco sotto gli occhi di tutti le disparità sociali, geografiche, tecnologiche, economiche. Ecco il corpo insegnante diventare il capro espiatorio, sempre e comunque. Ecco le famiglie caricate di incombenze difficili, a volte impossibili da espletare. Ecco aprirsi la voragine che rischia di inghiottire chi non è abbastanza veloce, performante, preparato, economicamente stabile, sereno, chi non ha armi sufficienti per combattere in questa battaglia. Bambini, ragazzi, famiglie, insegnanti.

Oggi viviamo il problema nella sua forma immediata, ed è sempre oggi che dobbiamo attrezzarci per correggere il sistema, perché se non lo facciamo, i danni sociali dell'epidemia saranno incalcolabili, la forbice della disparità si aprirà sempre di più.

Ripensare la scuola, ripartire con un sistema più forte, equo, giusto, finanziato a sufficienza, al passo con i tempi, che metta la dignità delle persone al centro.

Una scuola che sia finalmente egualitaria, accessibile a tutti, che guardi avanti senza lasciare indietro nessuno.

Le politiche educative seguano un percorso diverso da quello tradizionale che ha mostrato troppe volte la sua inefficacia. Partiamo dalla città, dalle nostre scuole, per indicare la giusta via. Occorre pensare globalmente e agire localmente.

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