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COP27: segnali angosciosi di inazione. Da Venezia Capitale della Sostenibilità nemmeno una parola

L’unica possibilità è fare pressione dal basso: temi troppo importanti per essere ignorati
Proteste per il cambiamento climatico a Birmingham, UK, Ottobre 2019 (foto di C. Shaw)

La spinta verso le fonti fossili che la guerra in Ucraina ha provocato ci sta allontanando in modo preoccupante dagli Accordi di Parigi: stando alle politiche e alle azioni attuali, la previsione di innalzamento medio della temperatura globale al 2100 arriva a +2.7° C rispetto all’era pre-industriale, quindi quasi il doppio del 1.5° C individuato nel 2015. Le proiezioni le si possono trovare sul “Warming Projections Global Update” di novembre 2022, realizzato dal Climate Action Tracker, citato come fonte attendibile da The Guardian.
Tutto questo sembra molto lontano dalla nostra quotidianità e soprattutto ineludibile. I cittadini che sono preoccupati per il futuro sentono che non c’è nulla da fare, che sono impotenti di fronte alle grandi decisioni prese sopra alle loro teste.

Anche qui da noi è così. Chi si fa sentire, come i ragazzi dei Fridays for future o gli attivisti di Extiction Rebellion, per i nostri politici locali sono solo “quelli del no”: estremisti nullafacenti a cui dare poco credito. E invece no: hanno ragione loro. Può non piacere come protestano, cosa dicono, come sono, ma hanno ragione loro. Perché i conti con la crisi climatica siamo chiamati a farli tutti e specialmente noi che viviamo in una delle zone considerate maggiormente a rischio.

Chi ha interessi a mantenere lo status quo economico continua a far passare un solo, monolitico messaggio: “cambiare il sistema produttivo non si può, abbandonare le fonti fossili non si può”, perché - dicono - “si perderebbero milioni di posti di lavoro e crollerebbe il PIL”. Ma le rinnovabili già oggi costano meno delle fonti fossili. E il lavoro si perde perché non si investe in riconversione. Questo non è che lo dico io, lo sostiene l’Unione Europea, che non a caso ha istituito il Just Transition Fund: il principio è proprio quello che per rendere la transizione “giusta” anche dal punto di vista socio-economico, servono fondi per ri-posizionare la forza lavoro. Lo stiamo facendo in Italia? Lo stiamo facendo nel Veneto? Lo stiamo facendo a Venezia? Non mi sembra proprio.

Eppure ogni tanto qualche spiraglio si apre, soprattutto quando gli obiettivi iniziano a confliggere in modo evidente tra loro: il caso più clamoroso e vicino a noi, è la questione delle trivellazioni in Alto Adriatico. Il Governo e Confindustria sono a favore, ma i politici veneti molto meno. Perché? Non perché la Lega nella nostra regione si stia convertendo all’ambientalismo, ma perché sa cosa hanno provocato le trivellazioni. Vogliamo allargare lo sguardo e dal Polesine arrivare fino a Venezia e al suo territorio, collegando tutto questo a quella previsione di +2.7° C al 2100?

A fronte di tutto questo ha senso proporre di scavare canali in laguna, di investire in un aeroporto che è già identificato tra quelli più a rischio per l’innalzamento del livello dei mari, di puntare sulla logistica quale alternativa economica al turismo, quando i trasporti su larga scala sono ancora ancorati alle fonti fossili?

Da Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità questo grido d’allarme vorremmo sentire in occasione della COP27. Vorremmo che prendesse una posizione netta su cosa va fatto e in fretta. Ma nella Fondazione sta la stessa Confindustria che vuole le trivellazioni, la logistica, l’escavo dei canali lagunari e l’ulteriore sviluppo dell’aeroporto. Forse qualche problema di finalità e coerenza c’è?

Ascoltando e leggendo quanto avviene alla COP27 in questi giorni, emerge sempre più una ricetta, condivisa a livello globale: i governi risentono troppo delle pressioni delle lobby delle fonti fossili e non troppo poco di quella dei cittadini verso una decarbonizzazione decisa e veloce. La pressione dal basso deve quindi continuare a crescere.

È quello che stiamo cercando di fare a Venezia: bloccare i grandi interessi per favorire un’altra visione di città, molto più incentrata su un’economia veramente sostenibile e sul rispetto dell’ambiente e di tutti coloro che la vivono. Abbiamo bisogno dell’impegno di tutti: la posta in gioco è troppo importante.


Giovanni Andrea Martini

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