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Anche sulla crocieristica a Porto Marghera “quelli del no” avevano ragione

Il grave è che nel frattempo non si è fatto niente. Ha vinto l’attendismo invece di investire sul comparto della nautica sostenibile


Se l’avaria dell’altro giorno aveva dimostrato, una volta in più, tutte le difficoltà logistiche e le criticità relative alla sicurezza e alla salute della crocieristica a Marghera, oggi è la sentenza del Tar sul progetto Duferco a decretare definitivamente che quell’opzione non sarebbe mai dovuta essere considerata.
Il fallimento di quell’idea è davanti agli occhi di tutti ed è gravissimo che ancora vi sia chi la sostiene. Ricordo che la Giunta ha ottenuto il finanziamento del Governo per milioni di euro per adeguare le banchine all’attracco delle grandi navi, all’indomani dello stop al passaggio in Bacino San Marco. E ricordo come ci siamo schierati assolutamente contro, noi come tante altre forze cittadine, evidenziando i problemi che la commistione di traffico commerciale e crocieristico comporta. Era poi assolutamente prevedibile che gli stessi crocieristi non avrebbero particolarmente apprezzato il contesto dell’attracco, ma quando parliamo veniamo sempre accusati di essere pessimisti o catastrofici.
Comunque sia, oggi la critica più grande che facciamo ai nostri decisori, a vario livello e anche di diverse correnti politiche, è che si è letteralmente buttato al vento questo tempo di stallo dovuto alla pandemia, che invece sarebbe potuto diventare prezioso per riposizionare Venezia e rilanciare la Marittima, puntando su navi compatibili e sulla nautica sostenibile. Si sarebbe potuto e dovuto lavorare, anziché a partiti politici con velleità nazionali, su come fare investimenti giusti, preparare il contorno, la logistica, muovere le leve produttive locali più adeguate. Si sarebbe dovuto prestare attenzione alla città e alle vere alternative, insomma.

Con cosa ci ritroviamo invece? Con la Duferco che ri-emerge, il concorso per l’off-shore in stallo e la Giunta che da un lato continua a volere Marghera e dall’altro insiste per scavare il Vittorio Emanuele, minimizzando gli impatti ambientali. Per anni su Venezia si sono prese decisioni contraddittorie e si è perso fin troppo tempo, fondamentalmente per non cambiare nulla, ma i tempi sono cambiati. Questa lentezza e soprattutto certe visioni di business non sono più ammissibili. C’è bisogno di un cambio di passo, se vogliamo smettere di rincorrere settori che si stanno evolvendo in un senso non più compatibile con la città e il suo contesto ambientale, e ri-posizionarci in modo previdente e intelligente. Altrimenti si perde tutti. Ma di questo cambio di mentalità, purtroppo, non c'è traccia.

Giovanni Andrea Martini

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