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Verso una nuova mobilità urbana.

Se la produzione dei beni è demandata alle imprese, quella dei servizi è assai più compito delle amministrazioni pubbliche. Lo vediamo a partire dai trasporti che, in pandemia declinante, si spera, col distanziamento sanitario di Fase 2, risultano il punto più critico. Come i fatti dimostrano. E a Venezia più che altrove, per i caratteri di città d’acqua.


Nel ritorno ad una normalità, che non è dietro l’angolo, Venezia deve infatti fare i conti con la deformazione indotta dall’overturismo che ha dimensionato l’intera offerta di trasporto su di una componente ora scomparsa, abbattendo il bilancio di entrate di Actv di oltre il 40%.


Il turismo lentamente ritornerà, ma non sarà l’overturismo che ha sconvolto la vita urbana.


Dunque dai rimedi di emergenza si dovrà giungere a soluzioni di normale mobilità, comunque diverse dalle precedenti. Nel senso di un nuovo equilibrio sostenibile tra domanda e offerta. Vediamo come.


Operando intanto sui servizi municipali che dovranno battere due strade. Avvicinare i servizi ai cittadini tramite un ruolo attivo e responsabile di decentramento alle municipalità. Il contrario della centralizzazione verticalizzata dell’uomo solo al comando. E poi rafforzare lo smart working nelle aziende pubbliche, così diminuendo il pendolarismo da lavoro.


Ma anche questo non basta.


Per le isole si pone il problema di una domanda pendolare concentrata in alcuni orari su cui solo il rafforzamento dei collegamenti o l’articolazione degli orari di lavoro può essere la soluzione. O tutte e due.


Per la città d’acqua occorrerà certamente attivare la funzione dei “mobility manager” aziendali di intesa con Actv per calibrare l’offerta di servizio con dei picchi di una domanda in qualche modo “programmata”. Qualcosa che non si fa in pochi giorni ma che comunque va fatta. Per la mobilità per esigenze domestiche si dovrà provare a ripristinare alcuni tradizionali traghetti di gondola in alcuni orari. Come un tempo.


Ma sarà utile anche la rivitalizzazione, a Venezia come a Mestre, dei mercati di quartiere e delle botteghe di prossimità, quelle che richiedono spostamenti solo pedonali.

In ogni caso sarà decisivo che un processo di ripopolamento della città riavvicini ai luoghi di lavoro i residenti espulsi dai turismo.


Per la mobilità nella città di terra le ricette sono più tradizionali, ma non per questo già vigenti. Come ovunque la bicicletta deve poter divenire un mezzo ordinario purchè adeguatamente protetta, in centro come in periferia, dotata di spazi di sosta sicuri e pensata in un continuo con gli spazi versi urbani. La pressione veicolare va frenata anche con possibili soluzioni intermodali col trasporto pubblico, specie per tutto il pendolarismo extra urbano che gravita sulla città.


Infine si dovrà arrivare alla sperimentazione dei servizi a chiamata, come in molte altre città, convenzionandosi coi taxi privati che oggi rischiano di restare senza lavoro.


In ogni caso deve essere chiaro che per arrivare ad un nuovo soddisfacente assetto della mobilità urbana occorrerà un approccio graduale e sperimentale, contrattato e condiviso, perché di una conflittualità legata alla mobilità ora non si sente proprio il bisogno.


In ogni caso deve essere chiaro che per arrivare ad un nuovo soddisfacente assetto della mobilità urbana occorrerà un approccio graduale e sperimentale, contrattato e condiviso, perché di una conflittualità legata alla mobilità ora non si sente proprio il bisogno.


Franco Migliorini.

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