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Verso maggio.

Dentro il voto referendario si legge con chiarezza il cumulo di sofferenze della città storica e dell'intera comunità lagunare, così come l’abulia della terraferma che con l’astensionismo esprime sia delusione che scetticismo per il cambiamento. Sono questi i dati veri che emergono e racchiudono, in modo esplicito o implicito, la domanda politica che la scadenza elettorale delle amministrative si predispone già a raccogliere. Naturalmente Brugnaro tenta di accaparrarsi l'intera astensione, seguendo la sua indole di padronale arroganza secondo la formula “voi stè casa fasso tutto mi” rivolta ai portatori di interessi che lo sostengono. Quelli che confidano in lui per proseguire indisturbati nello sfruttamento della monocultura turistica senza freni. Nella città esiste invece un civismo che dimostra di voler mettersi alla prova, poco convinto dalla separazione ma con chiare idee sulle nuove politiche urbane necessarie per dare dignità ad una città che, nell’ultimo quinquennio, è stata umiliata e soggiogata a un assalto di portatori di rendite protetti e incentivati dal governo locale. Non è una tendenza effimera ma un progetto politico ben preciso cui non interessa lo scadimento dell'immagine di una città in un mondo che colleziona allarmi e compassione per Venezia, mentre è rappresentata da un sindaco che il mondo lo gira con la pretesa di dare lezioni ad ogni piè sospinto, approfittando del palcoscenico per esercitare il suo protagonismo istrionico. Sono molti i veneziani che lo hanno ormai capito, astensionisti compresi, ed è loro preciso interesse procedere rapidamente ad un cambiamento della scena. A partire dal copione e dagli attori. Di questo ora parla l’agenda politica veneziana.

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