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Rilanciare Mestre.

Non è facile in cinquant'anni - 1920 – 1970, due sole generazioni -, decuplicare la popolazione di una cittadina. Da 20.000 a quasi 200.000 abitanti. Anzi, è assai difficile, e Mestre lo sa. In un processo così travolgente, quello che manca è il tempo di riflettere su quale città si vuole, mentre gli edifici sorgono disordinati sotto la pressione dei nuovi abitanti. Ma quando l’onda di piena comincia a rifluire è il momento in cui riflettere su una modernità che non rinneghi le tracce dell'antico passato né la dimensione acquea ed il legame dato dalla laguna e dai canali con Venezia. Mestre e la terraferma hanno bisogno di darsi un volto che non sia la sommatoria di interventi disparati prodotti ancora una volta sotto la pressione del mercato immobiliare, come la fungaia del nuovo distretto alberghiero della stazione, o interventi pubblici che interpretano un bisogno specifico ma non si cimentano con un'idea di vera, ampia forma urbana. Perché così è più comodo. E chi ne fa le spese è innanzitutto il centro di Mestre, dove il meglio delle idee dovrebbe raccogliersi in un progetto unitario e coerente con un'idea di Centro città che, con Gaetano Zorzetto e Guido Zordan, era arrivata a compiere il primo passo con piazza Ferretto pedonalizzata. Poi si è persa l’occasione per proseguire sulla giusta strada, quasi che quel passo fosse la conclusione e non l’inizio di un processo. Ed è di qui che ora si deve ripartire, valorizzando non solo gli spazi e le occasioni ma anche i protagonisti che devono dare forma compiuta alla ricerca dell'idea di città che manca. Un metodo esiste, e all’estero è la regola. Aprirsi per mettere a gara le progettazioni. Quelle che fanno discutere sulle idee che esprimono e consentono alle persone di elaborare opinioni e far crescere la sensibilità. Individuale e collettiva. Ma per questo, occorre la sensibilità che oggi manca all'amministrazione, impegnata a rincorre il mercato, quello turistico, e a sprecare un'opportunità, col nuovo mercato coperto di Mestre.

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