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L’idea di città dell’uomo solo al comando.


Entrato a piè pari in campagna elettorale, con la scusa del fine anno Brugnaro sindaco sciorina la sua idea di città dando forma compiuta ai frammenti fin qui impostati. Se non fossimo già avanti nel XXI secolo, potremmo pensare ad un programma immobiliare di una località balneare in via di sviluppo. È attorno all’acqua della laguna che la fantasia infatti si sbriglia: spazi aperti, testimonianze storiche, grandi prospettive, approdi da attrezzare, nuove grandi infrastrutture. Le esternalità dove l’immobiliare attecchisce meglio. La chiave di volta? I Pili di San Giuliano, che il mitico e invisibile blind trust ha negli anni sapientemente gestito - a totale insaputa del sindaco, imprenditore, presidente, padrone - e ora glielo scodella tra le mani costringendolo suo malgrado a prendere posizione. Il programma, che si dispiega a sud come a nord dei Pili, parte da Tessera e si proietta fino a Fusina, prospettando lungo il suo sviluppo ogni genere di attività terziaria: alberghi, uffici, centri commerciali, darsene, fino agli approdi multipli per le grandi navi da crociera. Queste ultime in cerca di pace dopo tanto affanno, veicoli di bonifica del sito inquinato di Porto Marghera, grazie alla loro sola presenza accompagnata da un adeguato servizio di accessibilità nautica alternativa ai perigliosi canali storici per giungere comunque al vero obiettivo: la stazione Marittima insulare, che dei Pili è una sorta di Ideale dirimpettaia con le sagome delle grandi navi a far da sfondo marittimo alle nuove torri dell’immobiliare di gronda. Chi conosce Dubai ritrova qualche assonanza. Con una differenza: là si cerca di creare una storia dal nulla, qui si cerca di annullare la storia che c’è. Non ancora un programma definito in tutte le sue parti, ma aperto a contributi cammin facendo, secondo i desiderata della finanza turistica internazionale, quella che su Venezia da tempo ha aperto un lucroso dossier che non intende chiudere. In tutto questo scenario un passaggio è rivelatore. È la somma dei privati che crea il pubblico! Una luce nel buio che finalmente rende onore al bistrattato mecenatismo turistico, quello che in questi anni abbiamo potuto constatare e che le municipalità si ostinano a non capire (aproposito di municipalità: eliminiamole per sempre, sono degli impiccioni perditempo!) Alcuni dettagli in effetti mancano al quadro. Uno su tutti. Sospinta dalla pressione del turismo, la popolazione lascia Venezia (città storica e anche Mestre), capoluogo di regione, che eccelle nella crescita di servizi non qualificati – per il turismo - mentre espelle i giovani laureati delle locali università, incapace di attrarne dall’esterno. Ben rappresentativa di un Veneto che insegue primati nel turismo col prosecco ma non l’innovazione con la ricerca. È così che prende forma l’alleanza elettorale con la Lega auspicata dal sindaco, che al fine di scardinare finalmente le radici identitarie della città sospingendola nel grigio alveo dell’ortodossia leghista, grazie al veicolo del sovranismo municipale propugnato da Brugnaro. Mille miglia distante dal confronto col capoluogo milanese, a sproposito citato. E infatti concetti e parole della modernità del XXI secolo brillano per la loro assenza. Ambiente, consumo di suolo, inquinamento, innovazione non rientrano nel lessico dell’amministrazione uscente, a partire dalla sfida climatica che investe Venezia, con la sua vocazione ad ospitare un’istituzione ambientale europea, e il traino di conoscenze e di relazioni internazionali che questo comporta nell’interazione con le competenze locali. Un programma che si iscrive a pieno diritto nel filone del negazionismo ambientale oggi di moda. Totalmente ignorata l’apertura di interesse su Venezia della presidente della Commissione europea Von der Leyen all’atto del suo insediamento. Nessun pensiero sul peso e il ruolo delle istituzioni culturali veneziane. Per il modello di turismo in atto basta e avanza l’esteriorità dei luoghi canonici che le ospitano e i grandi eventi rituali che ne scandiscono l’esistenza. Ma questo non deve stupire. Un sindaco che, parole sue testuali, viene dai campi, per sviluppo intende cantieri, cemento, scavi e metri cubi, tutte cose che si ottengono coi poteri urbanistici, e non si capisce proprio di cos’altro dovrebbe occuparsi. La formula è infatti semplice: si tratta di sospingere l’immobiliare come in qualunque località turistica della limitrofa fascia costiera. Il resto viene da sé.

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