Il piano va fermato, serve un’altra cultura progettuale per una vera transizione
Discutere in Consiglio comunale è diventato inutile: anche nel caso dell’approvazione dell’Accordo di Programma per la realizzazione il “Bosco dello sport” si è arrivati al dunque senza ascoltare nessuno, in modalità rigorosamente digitale, con un voto blindato e la bocciatura di ogni critica o punto di vista divergente sulle priorità di investimento sul territorio.
La tesi sostenuta dalla maggioranza è che dato che la realizzazione dello stadio e delle altre infrastrutture sportive era prevista in campagna elettorale e fa parte di un progetto complessivo che riguarda la Città Metropolitana e non solo il Comune di Venezia, si prosegue come da programma.
Non c’è alcun sentore, alcuna consapevolezza di come siano cambiati i tempi e di quanto i problemi, tanti e svariati, che le diverse parti del nostro territorio hanno, stanno diventando vere e proprie emergenze, che certo non si risolvono pensando alle partite o ai concerti.
La città ha bisogno di residenza e servizi pubblici, di lavoro di qualità, di riduzione delle emissioni e dei consumi energetici. A questo dovrebbero servire i soldi dello strumento di Ripresa e Resilienza messo in piedi dall’Unione Europea. Ma per la maggioranza basta trasformare la “cittadella” in “bosco”: edificare, anche se su aree agricole, va bene, perché tanto ci saranno nuove piantumazioni a compensare il danno. Inoltre si promette – e questo suona davvero surreale - una nuova mobilità pubblica, salvo dimenticarsi che il nostro sistema del trasporto locale è già ora vicino al collasso, figuriamoci aumentando ancor più il carico di utenza.
È per questo, dunque, che ho deciso di rivolgermi a livelli di governo superiori, indirizzando a diversi ministri italiani e alla stessa Presidente della Commissione Europea degli appelli, affinché si blocchino possibili finanziamenti al "Bosco dello Sport".
Nella lettera alla Presidente Von der Leyen ho chiesto che la Commissione fermi questo tipo di approccio alla pianificazione urbana, per incentivare invece la presentazione di veri progetti che mirano alla Transizione. E, non ultimo, in una seconda lettera inviata al Ministro Franceschini, ho voluto ancora una volta sottolineare come qui si stia facendo puro “greenwashing”, cioè si usi abilmente la nostra lingua per spennellare di verde progetti in realtà grigi. Sembra di poco conto e invece la questione dei termini, di come le proposte sono scritte e presentate gioca un ruolo essenziale negli iter di approvazione e nelle macchine del consenso. Sulla comunicazione oggi si giocano partite essenziali. E dietro all’uso della lingua sta una questione culturale di fondo che sarebbe ora e tempo di affrontare.
Seduto da solo sugli scranni del Consiglio Comunale a Ca’ Loredan, ho cercato di far passare queste mie ragioni. Il mio non è un no allo stadio o allo sport o ai concerti, è un appello a considerare che la città, nel suo complesso, ha bisogno, prima, di altro: case e servizi pubblici, lavoro di qualità, riduzione delle emissioni e dei consumi energetici. Il PNRR poteva fare la differenza nel trasformare la nostra città in un luogo pronto ad affrontare le sfide del secolo.
Si può sottoscrivere la lettera ad Ursula Von der Leyen su Change.org al seguente link:
Giovanni Andrea Martini
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